Accordo sul nucleare

Un’aggressione in corso che non si può ignorare

Il Segretario di Stato Usa John Kerry è in Svizzera per tentare di superare con il collega iraniano Javad Zarif gli ultimi ostacoli all’accordo sul nucleare. Teheran sembrerebbe disposta a concessioni sul numero di centrifughe - scendendo sotto 6000 - e ad accettare che quasi tutto l’uranio arricchito venga trasferito in Russia. Restano però almeno due aspetti controversi. Il primo riguarda le nuove centrifughe di Teheran, con una velocità 16 volte superiore al normale, a cui gli iraniani non vogliono rinunciare considerandole un “progetto di ricerca e sviluppo”. Il secondo è quello per cui l’Iran vuole la fine delle sanzioni e lo vuole immediatamente, per far ripartire l’economia del suo Paese. Usa ed Europa sono titubanti su entrambi i punti, ma non decisamente contrarie a soddisfare le richieste iraniane. Sapremo degli sviluppi entro un paio di giorni. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu è già convinto che l’intesa sul nucleare iraniano sia la peggiore possibile. Il timore è che raggiungendo un accordo, l’Iran potrebbe costruire un arma atomica grazie. Per questo Netanyahu a chiesto a Washington di ottemperare al dettato di sei risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che impongono a Teheran di smantellare completamente gli impianti nucleari. Il punto di vista israeliano è molto semplice e completamente politico: se l’Iran continua a ritenere un obiettivo ideologico quello di “spazzare via Israele dalle mappe”, come può il mondo democratico occidentale confidare che l’utilizzo del nucleare non sia finalizzato ad un uso militare? Servirebbe una qualche distensione diplomatica con Israele per iniziare a fidarsi delle vere intenzioni di Teheran. Sul piano internazionale sta accadendo l’esatto contrario. Lo dimostrano gli eventi in Yemen, dove le milizie scite Houti, legate all’Iran, stanno cercando di sbarazzarsi del governo nazionale. L’Iran persegue apertamente un desiderio di egemonizzare l’intera area, dal Libano, alla Siria, all’Iraq, fino al Golfo della penisola arabica. Israele non può sentirsi sicura in questo contesto e si chiede come sia possibile che gli americani ed il quartetto, possano procedere nei negoziati ignorando quanto sta avvenendo sotto i loro stessi occhi. C’è un’aggressione in corso nello Yemen e pure l’occidente non la prende in considerazione. State sicuri che Israele sa valutarla con tutte le sue implicazioni e conseguenze.

Roma, 30 marzo 2015